15/24 Settembre.
Il Paese Myanmar rappresenta il Viaggio, per tante cose...
Dal 15 al 24 settembre ho vissuto giorni molto intensi e riflessivi.
Mi sono abbandonata totalmente alla sua magia, alla sua Gente, grande valore aggiunto, ancora autentica, genuina, cordiale, nonostante il suo bagaglio politico/culturale… sofferente.
E’ stato un viaggio in crescendo, nonostante il caldo umido: spesso mi ha messo in difficoltà, sono partita non in formissima e si sa, quando il fisico è stanco, si fa sentire.
La prima tappa Bagan, ha sorpreso per l’estensione dei templi, la famosissima piana di stupa e pagode, risalenti per lo più al dodicesimo secolo: i sovrani ordinarono a quell’epoca la costruzione di più di 4000 templi.
Qui ognuno troverà il suo, più o meno conservato, restaurato, e immensa sarà la sua gratificazione, quasi spirituale; sarà bello spostarsi con la bicicletta o con l’e-bike evitando i classici van che tolgono parecchia poesia alla situazione, e poi non dovrà mancare il giro in mongolfiera, che regalerà una delle più belle albe della sua vita: sarà non economico, vero, circa 300 $ a testa, ma credetemi... ne varrà la pena.
A seguire Yandabo, questo grazioso villaggio famoso per i manufatti in terracotta, la navigazione sul fiume-mito Irrawaddy e il pernottamento presso Yandabo Home, mi hanno catapultato in un’altra dimensione...
Qui intere famiglie si dedicano all’attività principale, coese e serene, e il fiume regala scorci di quotidianità di un antico tempo: bufali che fanno il bagno, con adulti e bambini...
E poi Mandalay, importantissima capitale della monarchia birmana.
Riassumere questa città in poche righe è impossibile: posso certamente menzionare un’atmosfera surreale, con le sue innumerevoli testimonianze di un Regno solido e fecondo.
Tante pagode, monasteri, stupe e poi antichi e faticosi mestieri come la produzione di lamine d’oro che a furia di vere e proprie martellate prendono forma da un sandwich di legno e foglie di bambù che contengono scaglie d’oro. Le lamine prodotte vengono applicate su una robusta carta di bambù e vendute, specie ai templi: io stessa ho avuto l’onore di applicarle sul buddha della bellissima pagoda Shwedagon; e poi ancora la lavorazione del legno, del marmo, della seta...
La sosta a Mingun mi è piaciuta tanto, a contatto con la popolazione locale che mi ha reso partecipe di scene che non vedevo da anni, come giocare con una palla di carta divertendosi a più non posso; la località a circa 45 mn di navigazione da Mandalay, e tante sono state le foto scattate al tempio incompiuto di Pahtodawgyi e alla pagoda di Myatheindan, strana nel suo bianco accecante e terrazzata su piu livelli.
Anche la campana ha fatto la sua parte: si dice sia la più grande del mondo con le sue 90 tonnellate di peso.
Un clima ludico tra noi pochi colleghi, contagioso e spensierato.
La serata infine regala momenti preziosi e ricordi indelebili con la visita al ponte U Bein Bridge, conosciuto come il più vecchio e più lungo ponte in legno di teak al mondo: la luce del tramonto , gli incontri sul ponte stesso, con monaci, venditori ambulanti di frutta tanto strana quanto gustosa, i bei panorami sul lago Taungthaman con i locali impegnati nella pesca o ad accompagnare i turisti sulle canoe… tutto questo fa parte della mia realtà del momento, desiderata e sognata, talmente bella da sembrare un dipinto, un quadro.
La tappa successiva, per il giorno seguente, è il lago Inle.
Impossibile non scattare, non filmare, ma alla fine ti rendi conto che nessuna foto, nessun video potrà mai racchiudere l’emozione e la magia di quei momenti che rimangono unici e fortunatamente patrimonio solo di chi ha la fortuna di viverli… la navigazione è stata fantastica, esperenziale sulla canoa, non sono mancati momenti esilaranti… sono una pasticciona, si sa, abbiamo rischiato anche il “cappottamento” in acqua per colpa mia!
In questo percorso gli occhi si sono riempiti di immagini inconsuete per noi, come quelle dei pescatori che pagaiano con un solo piede, per lasciare le mani libere per pescare, delle case a palafitte, degli orti galleggianti, delle piccole botteghe di artigianato, interessante la visita ad un centro di filatura.. e poi ancorala pagoda PhaungDaw, famosissima in tutto il paese per la presenza delle 5 piccole statue del Buddha e la visita al Monastero shan di NgaphaeChaung.
Il pernottamento vissuto in un hotel in perfetto stile coloniale, di ottima categoria, è stato l’epilogo di questa straordinaria giornata.
Sul lago Inle consiglio vivamente di soggiornare due notti, la bellezza dei paesaggi, dei templi, e della gente locale è davvero unica.
Il giorno seguente, a malincuore lasciamo l’hotel per proseguire verso il villaggio di Indein, surreale anch’esso con oltre 1050 pagode: qui ho accettato il passaggio in scooter offertomi da due ragazzi birmani che dietro al pagamento di un solo €, mi hanno portato fin su la collina per scattare una foto memorabile…. non tanto per la bellezza in sè stessa quanto per la totale sicurezza che i ragazzi mi hanno trasmesso che mi ha portata ad accettare… qui nel nostro mondo occidentale sarebbe stato davvero impensabile!
L’ultimo giorno a Yangon mi piace tantissimo, perché Lei mi sorprende e rapisce; camminiamo per ore catturati dai colori, dai profumi e dagli odori delle numerose bancarelle; i verdissimi e curati parchi ci portano all’antico periodo coloniale britannico ma sono solo attimi.. perché poi la chiara identità birmana prende con prepotenza il sopravvento con la pagoda Schewedagon: un luogo senza tempo, immenso, fatto di mini pagode, templi, statue di buddha: c’è chi medita, chi offre, chi occidentale come noi osserva e riosserva e pensa “ma cos’è tutto questo?”
Lo stupa della pagoda centrale, alto 98 metri, è quasi totalmente laminato in oro. Sulla punta sono incastonati diamanti, rubini, zaffiri e altre pietre preziose. Ci sono poi ben 1065 campane d'oro, la punta della struttura ad ombrello, tipica dei templi birmani, custodisce il tesoro più prezioso: un diamante di 76 carati.
La sosta al Burma Bistro, locale davvero piacevole in cui il recupero architettonico si evince da ogni particolare, rappresenta l’ultimo saluto; una doccia veloce presso l’hotel Excelsior, di delizioso stile coloniale, e poi via verso l’aeroporto.
Come sempre, al rientro si fanno i bilanci.
Questo Viaggio mi ha arricchito tanto, è stato vario, divertente e molto ”riflessivo”; ho avuto la fortuna di condividerlo con Professionisti unici e qui va il ringraziamento ad Andrea, ormai amico e ottimo organizzatore di tanti miei Viaggi, e a Sabrina, inseparabile... il Viaggio sa sorprendere e regalare amicizie nuove, empatie forti, che porterai per sempre con te.
La religione, il buddismo, è il filo conduttore di tutta la vita birmana, la devozione di questo popolo è affascinante, per me davvero toccante.
Quando penso al Myanmar, davanti agli occhi ho il Colore, di tante tonalità diverse.
Il rosso acceso delle labbra colorate dal betel, il porpora delle vesti dei monaci, il rosa delle tuniche delle monache, l’ocra della piana di Bagan colorata dal sole piano piano, i fucsia cosi accesi dei fiori, simili al loto, del Lago Inle, le guance strisciate di tanaka, il giallo dell’oro dei tantissimi Buddha sorridenti, delle stupe e delle pagode, i tantissimi colori degli eleganti loungy...
Nel cuore mi rimarrà impressa la fierezza di questo popolo, che nonostante le vicissitudini passate e recenti, non ha smesso di essere sorridente: è genuino, ospitale, semplice, ma anche raffinato e ben determinato a difendere la propria peculiare identità.
Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace, la si può trovare ovunque: una dolcezza infinita, unita a una forza, a una caparbietà quasi inaspettate e proprio per questo, forse, ancora più invincibile ai nostri occhi.
Mi sono innamorata di tutto questo e… di molto di più.
A chi dice che un viaggio in Myanmar sia solo Buddha, templi, pagode, io rispondo “lasciate i luoghi comuni, aprite il vostro cuore al più grande Paese dell’Asia, che saprà regalare anche paesaggi e scenari naturali tanto belli quanto diversi...”